STUDIO LENZI & ASSOCIATI
Nuovo museo dell’Ebraismo Italiano e della Shoah
Location: Ferrara
Auctioneer: MEIS
Design level: Progetto preliminare
Date: 2010
Partnership: con Prof. Sandro Scarrocchia e
Arch. Gregorio Carboni Maestri
1. CRITERI E SPECIFICITÀ DEL PROGETTO – (CON RIFERIMENTO AL DPI)
Abitare il Museo è il presupposto ideale del progetto: costruire un Museo da abitare vuol dire creare una sintonia con chi lo visita, significa mettere il visitatore a proprio agio, stimolare la sua voglia di conoscenza, curiosità ed interesse, consentendo l’abbattimento di schemi fissi e pregiudizi, e l’apertura di nuovi orizzonti e prospettive soprattutto per le giovani generazioni.
1 il MEIS
il complesso monumentale storico (e sito archeologico) è oggetto di conservazione integrale
l’innovazione (cioè la trasformazione nel rispetto della tutela dell’esistente e la chiara riconoscibilità/caratterizzazione del nuovo) avviene attraverso innesti di qualità e forte connotazione estetica che riguardano l’articolazione dei corpi edilizi, la definizione del nuovo accesso, l’allestimento museale, il monumento/simbolo, le aree verdi, le strutture ausiliarie e di servizio (Sala polivalente, Biblioteca/Mediateca, Sale studio-soggiorno, Museo dei bambini, Laboratori, Ostello, Bar, Ristorante, Archivio, Depositi, Laboratorio di restauro).
Nei paragrafi 1-3 vengono illustrati questi principi; di seguito le scelte ispiratrici dell’articolazione funzionale (paragrafo 4 e sue specificazioni).
1.1 “Abitare il museo”: ospitalità e possibilità di soggiorno al MEIS
Il popolo ebraico è il popolo del libro, della parola. I maestri del Talmud precisano l’enunciato: il popolo ebraico è il popolo dell’interpretazione (e dello studio come inevitabile presupposto). Non si tratta di proporre una replica italiana del Museo del Libro: i contenuti del MEIS sono la presentazione e la valorizzazione della scrittura, della lettura, del commento singolo e collettivo e della possibilità, attraverso l’accoglienza (rivolta soprattutto ai più giovani), dello studio e dell’esperienza diretta della soggettività ebraica, dell’approccio consapevole alle consuetudini (le preghiere, le benedizioni, il cibo, gli oggetti, i giochi).
Perché il Museo nazionale ebraico italiano non sia e non diventi semplice “deposito” della memoria di un popolo e della sua cultura, ma partecipazione di questa memoria e della sua vitalità nel presente, viene narrato il percorso del radicamento delle comunità ebraiche delle origini, da Roma (il baricentro, sede di una delle più antiche comunità della Diaspora, con vaste implicazioni religiose e culturali per tutte le popolazioni del bacino mediterraneo), alla lenta diffusione dal sud Italia verso il nord del paese. Ricostruito con dovizia da sempre più numerose e approfondite ricerche (di cui fa fede anche il documento istruttorio dello stesso Concorso-MEIS), questo percorso storico costituisce anche il percorso del Museo. È una narrazione viva, con la quale si può interloquire, secondo il principio dialogico io-tu (Martin Buber), che indica anche l’incontro del medesimo col diverso, il luogo della possibilità di questo incontro, per rendere esplicita e interessante la “soggettività” del Museo della storia e della cultura ebraica italiana (delle comunità, personalità e centri di cultura ebraici) per la “oggettività” rappresentata dal più vasto pubblico nazionale e internazionale.
Perché questo possa verificarsi, diventare “esperienza” e non soltanto evocazione, accenno o tantomeno semplice esposizione, c’è bisogno di “tempo”, pausa, consapevolezza: bisogna giungere davanti alla parete di cinta, entrare, cioè “varcare la soglia”, “rendersi conto”, scavalcare lo specchio d’acqua che non è fossato di separazione, ma richiamo alla fecondità e alla ritualità e “familiarizzare” con un “ambiente altro” secondo una modalità in “controtendenza” rispetto alla logica del consumare tutto (di tutto), comunque, velocemente e all on line.
Il Meis è inteso come luogo di “studio” e non come semplice illustrazione/rappresentazione ed è necessario che i visitatori (i più giovani, ma anche gli anziani, in gruppo o da soli, da provenienze anche lontane), possano fermare il cammino, “soggiornare”.
Legare il museo e la sua funzione non al consumo ma all’esperienza è la sintesi dell’idea progettuale dell’abitare il Museo. Esperienza -didattica e di principio- del soggiorno nel museo, dell’abitarvi per quel tanto che consenta di visitare, conoscere i suoi vari nuclei espositivi, constatare direttamente, in prima persona e “dal vivo” usi e costumi della comunità, valori e regole di vita, attività produttive e di svago, impegni di studio e ricerca. Lungo la storia e nella contemporaneità.
L’idea di abitare il museo non è quindi solo didattica-funzionale-gestionale, ma è strutturale, esplicitata nel ripensamento del complesso architettonico e della sua nuova funzionalità, attraverso l’esperienza e la valorizzazione dell’avvicendarsi di luce e buio, giorno e notte: la vita del MEIS, all’interno del Meis!
Per questo la trasformazione dell’ex-carcere, nel rispetto integrale della sostanza storica del manufatto edilizio riconosciuto bene culturale (il corpo C), è duplice: non è semplice trasformazione in albergo dell’ex-carcere con la sua struttura a ringhiera (come al Langholmen Hotel di Stoccolma o al Löwengraben Hotel di Lucerna), ma possibilità del soggiorno che diventa elemento qualificante di una struttura museale, integrato con essa ed elemento indispensabile per rendere possibile l’”esperienzialità” della fruizione che ne struttura l’essenza, la concezione, il progetto.
Il soggiorno è parte integrante dell’esperienza-MEIS, perché il museo diventi esperienza.
Non ci si limita alla degustazione di alimenti e bevande kasher e/o a spiegare in cosa consista il “rispetto delle regole/consapevolezza di sé e del proprio corpo”, ma si mangia insieme, si studia, si veglia, si riposa. Questo imprinting di fondo, “ospitale” secondo il principio del posto vuoto aggiunto alla tavola, qualifica il Museo Ebraico Italiano e della Shoah come elemento simbolico in sé che mette in luce i valori della storia plurisecolare della comunità, al di là del patrimonio conservato e rappresentato dall’insieme delle opere, dalle storie dei protagonisti/e, delle epoche e dei momenti, delle particolarità e degli intrecci.
Una storia viva, vissuta e -ecco il tratto caratteristico- vivibile!
2 Conservazione integrale del complesso monumentale
Il complesso edilizio è di riconosciuto valore monumentale e costituisce un bene architettonico tutelato come patrimonio edilizio storico, in quanto tipologia storica ottocentesca di una funzione pubblica (la detenzione); il sito su cui sorge è di riconosciuto interesse archeologico.
Come luogo di prigionia di deportati ebrei è anche un luogo di memoria della Shoah.
Per questo il progetto deve pensare la nuova struttura del MEIS nella sua indipendenza, senza rinunciare al principio del rispetto per tutto ciò che è giunto sino a noi, per come è giunto sino a noi. La conservazione integrale consente di dare nuova veste e nuovi significati al sito e al complesso senza annullarne la storicità.
Il principio della conservazione adottato integralmente e per tutto il complesso (non solo il Corpo C, ma anche il B) non è subito, ma è riconosciuto come elemento che valorizza la scelta di destinare “questo” complesso a nuova sede del Museo: l’integrazione nel progetto contemporaneo delle testimonianze edilizie del passato (considerate irriproducibili) è un carattere distintivo della cultura progettuale in Italia, è la capacità di considerare il passato come valore aggiunto di una contemporaneità consapevole.
La conservazione pratica (il restauro) della sostanza storica prevede:
– rinforzi strutturali di fondazioni, solai e coperture; interventi di miglioramento sismico compatibile con gli edifici storici
ripresa a cuci e scuci del tessuto murario in mattoni
cucitura e consolidamento con infiltrazioni e staffe delle parti ammalorate per la piena funzionalità statica delle murature stesse
sigillatura con risarcimento degli elementi lapidei fendipioggia ammalorata, senza risarcimento di quelli con funzione decorativa
fissaggio e ripresa degli intonaci
restauro di tutti gli elementi tecnici recuperabili e compatibili con la nuova e specifica finalità mussale: serramenti (porte, finestre), elementi in ferro battuto, vetrate, ecc.
Il fronte restaurato del Corpo C, affiancato dai volumi vetrati del nuovo Corpo D, è l’immagine che per prima si pone a chi entra nel Meis dall’ingresso di Via Rampari di San Paolo.
3 L’ innovazione del complesso e la proposta progettuale museale (verifica dell’ indirizzo storico-scientifico in relazione all’uso degli spazi)
La ridefinizione del complesso tutelato e destinato a nuova sede museale comprende:
– conservazione integrale del corpo C, con gli adattamenti/adeguamenti specifici richiesti dalle nuove funzioni previste (dall’alto verso il basso come è l’articolazione dei percorsi di visita):
– funzioni espositive delle Mostre Temporanee nel 3° Piano (sottotetto recuperato)
– funzioni di studio-soggiorno (Sale collegate con Biblioteca) al Primo Piano
– funzioni ludico-didattiche e di soggiorno (Ostello) del Museo dei Bambini al Piano Terra
– funzioni di Archivio e Deposito nel Seminterrato;
– conservazione del corpo B, che con il recupero delle corti e l’integrazione di una nuova copertura consente di ospitare (dall’alto verso il basso come è l’articolazione dei percorsi di visita):
– sezioni dedicate alla Shoah e all’ebraismo oggi, nel 3° Piano (realizzato ex-novo)
– Esposizione permanente, Biblioteca/Mediteca e sale ausialiarie nel 2° Piano
– Esposizione permanente, Sala polivalente, Laboratori didattici (annessi al Museo dei bambini ma indipendenti), Laboratorio di restauro al Piano Terra, Laboratori didattici (annessi al Museo dei bambini ma indipendenti) al Primo Piano;
– costruzione ex novo di un corpo D di accesso per Accoglienza, Libreria, Bar-Ristorante;
– realizzazione di una nuova “piazzetta urbana” come (area di) accesso al museo da Via Rampari con recupero delle tracce storiche esistenti, ridefinizione del muro di cinta, creazione di uno specchio d’acqua e addizione di un monumento-simbolo del museo.
La qualità estetica delle parti aggiunte si basa sulla ricerca della trama del rivestimento dei volumi, integrando il tradizionale motivo tessile di matrice semperiana con il contenuto simbolico dell’alfabeto ebraico e delle sue interrelazioni con gli alfabeti greco e latino, uno scambio continuo, che ha contribuito a mantenere vivo l’ebraico, la lingua della Torà -il libro per eccellenza- preservandolo attraverso i secoli e attraverso le terre della diaspora e rendendolo ora lingua moderna di uno stato moderno. Le lettere ebraiche, così cariche di significati e in qualche modo testimoni della storia di un popolo e rappresentative della sua identità, si sono mescolate con le lettere degli altri alfabeti delle terre che ospitarono gli ebrei in diaspora – in particolare il greco del bacino del Mediterraneo e il latino della penisola italica – così come il modo di vivere, le tradizioni e il linguaggio degli ebrei si sono intersecate con i modi di vivere, le tradizioni e le lingue dei paesi ospitanti, senza mai perdere il legame con la legge ebraica.
4 Articolazione funzionale
La sfida per l’efficienza e la validità del museo ebraico nazionale sta nella capacità di suscitare stimoli e domande nel visitatore, offrendo, accanto a suggestioni ed emozioni nel suo allestimento, documentazione qualificata e incentivi all’aggiornamento e all’approfondimento e la possibilità di un collegamento con gli altri musei e centri di documentazione e di cultura in Italia e all’estero.
4.1 Accesso. Porta urbana
Sulla strada le pietre di inciampo evocano il ricordo delle persone transitate nella prigione ferrarese durante le deportazioni, secondo un progetto già attuato in città come Berlino e Amsterdam e ora promosso anche in Italia; da via Rampari l’accesso al museo ridefinisce il rapporto tra la nuova funzione del complesso monumentale e la città. La permeabilità evocata dal DPI è segnata da un varco nel limite frangibile tra il museo e la città, un “muro infranto”, cioè un “muro-non muro”. Il “muro infranto” rappresenta un varco monumentale: non un confine, lineare e impermeabile, ma la frontiera di un’esperienza evocata dalla stessa consistenza materica, la cornice della porta. Senza muro non si dà porta.
Il varco introduce il visitatore in uno spazio dai toni essenziali, ieratici: un velo d’acqua, che segna la direzione di Gerusalemme, allaga quello che è stato lo spazio dell’ora d’aria. Sulla sinistra un albero sorge dall’acqua, sulla destra compare una stele pensata, disegnata e realizzata da un artista per questa occasione: traguardata dalla passerella, è verso Gerusalemme. La stele sintetizza il simbolo del MEIS: il libro.
Dopo la porta il ponte, nesso di culture. L’incedere verso l’ingresso del Museo avviene su di una passerella inclinata verso la stele e la direzione del ruscello. Il superamento della frontiera ha trasformato l’ora d’aria in una piena libertà, l’ha resa effettiva: il visitatore esperisce uno spazio che riacquista la sua vocazione urbana, pubblica. L’ingresso al Museo è una piazza: piccola, come è proprio del tessuto urbano delle città italiane (caro a De Chirico e a Ghirri), ma sempre aperta, da attraversare, da custodire e custodita da chi la abita. Decidere di entrare nel Museo è un gesto di riappropriazione dell’idea stessa di spazio pubblico, è la scelta di ri-percorrerne la matrice ideale, è la scelta per lo studio, la narrazione, l’evocazione, e la riflessione. È la decisione di lasciare i panni del visitatore per assumere quelli dell’ospite. Possibilità che assumono la forma di nuova piazza nel tessuto storico di Ferrara.
La base della nuova monumentale cornice di accesso è costituita da pietre di Gerusalemme. Ogni pietra è rimando all’esperienza diasporica, è sia memoria di una partenza, sia traccia di un percorso incarnatosi in una progettualità futura. Ogni pietra è simbolo concreto del comandamento “Va verso te stesso” (Genesi 12,1), è tassello di quell’erranza che ha portato alla diffusione delle comunità ebraiche italiane, al loro di-venire se stesse nell’incontro con altri. L’emergere, nell’innalzarsi del muro-varco, dei mattoni rossi ferraresi rappresenta l’incontro con la città. Una barra di acciaio segna il passaggio di materiale, delimita in altezza il varco e sorregge il muro: è l’elemento di contemporaneità del Museo, è il nerbo della sua progettualità e della sua volontà di interpretare il dato storico e culturale che custodisce al suo interno. Una cornice di cemento armato riprende una tale tensione alla sommità del muro. L’inserto in ottone che stria la parete ad altezza d’occhio e contiene inciso il nome del MEIS, in lettere latine e in ebraico insieme al logo con il candelabro a sette braccia, suggella l’identità del Museo: la vocazione allo studio, all’ermeneutica del dato e del significante in sé, ma solo in quanto materia sulla quale esprimere/imprimere un gesto formale, stilistico.
Il varco sulla sinistra è altissimo, si inserisce obliquo nel muro, indirizzando la passerella lungo la direttrice di Gerusalemme e lungo i punti di fuga indicati dai progetti di evoluzione urbanistica di Ferrara (Masterplan). Nell’interno il muro presenta una strombatura, assottigliandosi sempre più man mano che si avvicina agli spigoli del varco. La permeabilità della frontiera è tutta qui: il visitatore la attraversa nel suo punto di minimo spessore. Il muro assume quindi la sua vocazione all’ospitalità, nel farsi inconsistente esprime la sua volontà di incorniciare e custodire, delimitandola, un’apertura originaria. La parete interna esprime un’ulteriore tensione metaforica: è una pagina di cemento liscio solcata da caratteri ebraici: è simbolo del passaggio storico compiuto dal popolo ebraico; della sua decisione di abbandonare la cultura della pietra verso quella del Libro, di abitare nel Libro e di vivere per interpretarlo. È quindi nell’immagine specchiata nell’acqua di questa pagina che il visitatore procede lungo la passerella e si appresta ad entrare nello spazio pubblico e vitale che lo studio del Libro, ed il Meis che ne è dimora, ancora preservano.
4.1.a Stele/Monumento simbolo del MEIS: “Apertura della parola”
Adottando il criterio dell’ermeneutica come itinerario di libertà, di apertura e di libero movimento -poiché ogni domanda esige questa apertura (Gadamer; ma anche i criteri pedagogici della scuola della Comunità di Torino) l’intento figurativo propone la fluidità del movimento in linee scorrevoli, come energia in movimento costante, con un effetto dinamico di linee fluenti per offrire la possibilità di leggervi una narrazione, come se l’atto della lettura creasse il lettore: è il passaggio di un “testo senza oggetto” a un “testo con soggetto”(Legendre).
L’apertura della parola è una rappresentazione lineare, bidimensionale, scritta, insomma che mette in relazione con semplicità essenziale due elementi caratterizzanti: il movimento, come stato d’essere della materia, e l’apertura dinamica de/all’interpretazione del testo. L’opera è una scultura site specific, pensata per introdurre il progetto concettuale e metaforico sotteso alla struttura percorribile ed esperibile del MEIS. Sarà realizzata in bronzo con il richiamo al rame di cui è costituito, per ricordare il colore caldo della Terra Promessa: “… è una terra buona … un paese di grano ed orzo, di uva e fichi e di melograni, terre di olivi e di miele; una terra nella quale non mangerai pane scarso, ma dove niente ti mancherà; una terra le cui pietre sono ferro e dai cui monti estrarrai il rame”( Deutoronomio 8, 7-9). Le sue dimensioni sono 540×1,80×36 cm, ispirate alla lettera Teth il cui attributo è Jesod, fondamento.
4.2 Accoglienza / 4.3 Esposizione permanente. Percorsi
Nell’ingresso si trovano la Biglietteria, il Guardaroba e, soprattutto l’Orientamento, cioè la forma specifica di accoglienza del MEIS, che istruisce e organizza la visita e le attività correlate di studio, ricerca, laboratorio, soggiorno.
Collegamenti verticali (scale e ascensori) consentono l’accesso ai vari nuclei del Museo: Esposizione Permanente, Mostre temporanee, Biblioteca/Mediateca (anche con ingresso indipendente), Sale di Studio, Sala Polivalente (anche con ingresso indipendente), Museo dei Bambini/Laboratori, Laboratorio di restauro, Archivio/Deposito, Bar/Ristorante panoramico.
4.3. Esposizione permanente. Percorsi
“Ogni lettera (dell’alfabeto ebraico) vive di vita propria. [….] La lettera bet è aperta in avanti e chiusa dagli altri tre lati: questo per insegnare che l’uomo deve guardare davanti a sé, e non sopra, sotto o all’indietro; ogni lettera dell’alfabeto ebraico può essere interpretata, e ogni lettera ha una sua identità.
La bet, dal valore numerico di 2, è la prima lettera della prima parola di un libro come la Bibbia; la alef, dal valore numerico di 1, avrebbe conferito al mondo un carattere troppo assiomatico ponendo aprioristicamente l’accento sull’unicità (di D-o, della parola, o del testo stesso). E invece, con la bet, la cultura ebraica pone a proprio fondamento un modello dialettico, che nega ogni dogmatismo, ogni integralismo, affermando quella dimensione pluralistica e dialogica come peculiare dell’ebraismo.” I percorsi di visita del Meis non sono lineari, non assecondano la passività, ma sollecitano la scelta e sottindendono la sorpresa; dopo l’Accoglienza (informazioni-libreria-guardaroba/soggiorno) al Piano Terra, la visita al museo inizia dal Secondo Piano (ex Laboratori) del corpo C.
L’esposizione permanente si compone di due nuclei: Introduzione all’ebraismo e la Storia degli ebrei in Italia.
L’Introduzione all’ebraismo (2 Piano Corpo C) inizia con la Topografia storico-geografica orientativa (didattica e pedagogica) della presenza ebraica in Italia e con l’alfabeto; le lettere (i caratteri e la pronuncia) sono inserite nella prima sala, mettendo l’alfabeto ebraico a confronto con quello greco e quello latino con una semplice tabella un cui le lettere possono comparire affiancate in verticale, eliminando i problemi del diverso ordine di lettura. Nelle sale successive la sinagoga nella sua evoluzione in Italia (Ostia Antica; Scola Levantina e Scola Tedesca di Venezia; Mole Antonelliana e Sinagoga di Roma, altri esempi dell’epoca dell’emancipazione; nuovi templi oggi, dalla sinagoga della Comunità di Torino al Tempio dei Giovani nell’Isola Tiberina), con gli elementi fondamentali, l’aròn hakòdesh (l’armadio con i libri sacri, i sefarìm), il ner tamìd (il lume perenne), la tevà (dove l’officiante recita la tefillà), la parte riservata alle donne; le preghiere e la liturgia con gli oggetti rituali, tallèd (lo scialle da preghiera, indossato dagli uomini), tefillin (le piccole scatole di cuoio nero che contengono le pergamene con i brani della Torà, che gli uomini legano al braccio sinistro e sulla fronte), mezuzà (il piccolo rotolo di pergamena, protetto da un involucro decorativo che si affigge sullo stipite delle porte, all’entrata della casa e di ogni stanza), la scuola e lo studio/commento della legge (Tanakh e Talmud), il mikvè, il Bet-din (il tribunale rabbinico), il calendario (luni-solare, i mesi, il ciclo degli anni) e le feste, distinte tra quelle stabilite dalla Torà (lo shabbat, i mo’adim) e dai maestri (Chanukkà, Purim, le feste e le ricorrenze moderne, Yom Ha Hatzmaut, Yom Ha Shoah. Nella sala lunga voci ebraiche di tutte le epoche.
La Storia degli ebrei in Italia comprende un percorso breve e percorso lungo.
Giunti, infatti, allo scalone di raccordo tra corpo C e corpo B, si trova un punto di sosta in cui si pone un’opzione tra percorso lungo e percorso breve.
Percorso breve (2 Piano Corpo B): terminata l’introduzione alla cultura ebraica (nel corpo C) il visitatore accede nel cuore del corpo B e risale subito nel secondo piano dove trova i materiali relativi alla Shoah: la costruzione del “razzismo italiano”, la politica coloniale, le persecuzioni antiebraiche fino alla politica nazifascista della deportazione e dello sterminio: persecuzione dei diritti (1938-43) e persecuzione delle vite (1943-’45); Roma-città aperta, 1943-44, l’accoglienza nei conventi; Campi di internamento e di sterminio in Italia: Fossoli, Risiera di San Sabba, Bolzano; gli ebrei nella Resistenza; la Brigata ebraica e all sezione dell’ Ebraismo oggi (la ricostruzione: soccorso e assistenza delle organizzazioni ebraiche internazionali (American Joint Distribution Committee-JOINT); l’Italia “Porta di Sion” (accoglienza dei profughi ed emigrazione legale e clandestina verso la Palestina, 1945-1948), fino alla storia recente, la fondazione dello Stato d’Israele, l’organizzazione delle Comunità in Italia, i movimenti giovanili; l’Intesa con lo Stato italiano, Statuto e organismo rappresentativo (Unione delle Comunità Ebraiche Italiane); le nuove ondate migratorie: persiani e libici; musei e centri di studio e ricerca (CDEC). Il percorso breve è compiuto.
Percorso lungo (Piani Seminterrato, Terra e 1° Corpo B) : si scenderà al Livello inferiore da lì, nelle sale che circondano l’Auditorium/Sala Polivalente, si prenderà visione delle ricostruzioni relative all’età antica (II a.e.v.-III e.v.; IV-X; XI-XIV), con la ricostruzione/documentazione delle catacombe (Villa Torlonia, Vigna Randanini, Venosa); si salirà poi al Piano Terra (XI-metà XVI; metà XVI-XVIII; XIX); al Piano Primo si troverà il Novecento fino alle Leggi razziali.
Il nucleo novecentesco della esposizione permanente è adiacente alla Biblioteca e alla Mediateca, con i loro spazi di servizio. Qui si trova un Luogo di Memoria, che ricostruisce/documenta l’eccidio di Ferrara, legato direttamente al luogo (ex-Carceri) sede del nuovo Museo. Si tratta dell’unico luogo in cui convergono Storia e ricostruzione storica e funge, pertanto, da raccordo tra la sezione Novecento (1 Piano Corpo B) e la sezione Shoah (2 Piano Corpo B), cioè tra percorso breve e percorso lungo, che termina qui, ma che si snoda dal Seminterrato (catacombe) alla luce del 2 Piano (ebraismo oggi).
4.4 Altre attività museali / 4.5 Sala polifunzionale
– Mostre temporanee ospitate nel 3° Piano (sottotetto recuperato) del corpo C.
– Museo dei bambini, Laboratori e soggiorno didattico (Ostello) nel Piano Terra del Corpo C e Piano 1° Corpo B
– Spazi di studio-soggiorno nel Piano 1° del Corpo C
– Archivio, Deposito e laboratori di restauro nel Seminterrato Corpo C
– Biblioteca/Mediateca al Piano 2° del Corpo B.
Lo spazio delle Mostre temporanee è un open space, spazio unitario con le capriate originarie restaurate e protette con trattamento ignifugo e valorizzate da con un lucernario di circa 30 metri che garantisce una illuminazione uniforme. Il tetto sarà poi con coppi di recupero celanti un doppio tavolato isolato con fibra di legno e ventilato naturalmente.
Il Museo dei Bambini del MEIS è una struttura imperniata sulla cultura del fare e quindi massimamente coinvolgente. Come concezione organizzativa e spaziale si orienta verso un modello simile ai Laboratori per ragazzi del Castello di Rivoli e al Parco Rodari di Omegna (piuttosto che al Museo dei Bambini di Roma e di Genova), in quanto non è concepito come “manuale/compendio” e neanche come struttura totalmente indipendente ma strettamente integrata con le finalità e attività del MEIS (Biblio-Mediateca, Sala polivalente per musica, cinema e teatro, Laboratori per arte e altre attività manuali). Offre un approfondimento specifico per l’infanzia dei generi culturali documentati e promossi dal MEIS (arte, letteratura, spettacolo, vita comunitaria). L’allestimento è ispirato alla più grande esperienza di creazione di spazi per bambini realizzata in Europa: quella di Aldo Van Eyck e il gruppo Cobra nella ricostruzione di Amsterdam. E’ articolato in uno spazio giorno e uno spazio notte.
Lo spazio giorno comprende spazi per laboratori (fare la pasta, tessere, dipingere, leggere, scrivere, recitare, fare musica) in aule del Piano Primo Corpo B (parte nuova/foyer), sopra la Sala Polivalente e adiacenti il soggiorno didattico. Sono disponibili anche due sale al Primo Piano nell’edificio di ingresso (D), per mostrare al pubblico l’attività selezionata già svolta (Mostre Laboratori Didattici).
Lo spazio notte (PT Corpo C) costituisce un vero e proprio ostello che consente di sperimentare momenti di vita comunitaria.
La Biblioteca e Mediateca sono accessibili autonomamente dall’esterno (lato est).
Gli Studi-soggiorno (Piano 1° Corpo C) svolgono anch’essi funzione di ospitalità, annessa alle attività di studio, ricerca e promozione/produzione culturale del Museo.
Pertanto la struttura prevista per bambini (negli spazi ad hoc del Museo dei Bambini) e per adulti (negli Studi) consentono al Museo di integrare al suo interno una vera e propria funzione di soggiorno non in modo ausiliario -l’Ostello del Museo- ma proprio di un’esperienza del tutto originale e particolare che arricchisce il MEIS di un valore aggiunto.
Situata al Piano inferiore del Corpo B accessibile autonomamente dall’esterno (lato est), la Sala Polivalente è attrezzata per convegni, seminari di studio, spettacoli e proiezioni.
4.6 Spazi verdi laterali / 4.7 Funzioni accessorie
Le diverse essenze arboree previste dal progetto dovranno rappresentare diverse comunità ebraiche italiane e del mondo. Senza con ciò destare un effetto di affastellato ma mantenendo un insieme coerente di alberi e elementi verdi, anche insoliti, saranno chieste alle diverse comunità ebraiche del mondo di donare i diversi semi o arbusti o “giovani” alberi, in un processo collettivo di piantumazione, dando vita ad una vasta operazione partecipata, nel segno della pace e della frattellanza. Didatticamente, si tratta di dare al passante l’idea di una natura che è fonte di condivisione e ugualianza, anche se nella positività della ricca diversità, dando riconoscibilità alle provenienze.
I paesaggi verdi intorno al museo spiegheranno la belleza dell’agricoltura ebraica, in un contesto di (quasi) pieno centro storico: a ridosso dei muri di cinta laterali cresce l’orzo, mentre le viti, i fichi e i melograni si mescolano agli alberi “giovani”.
Le fenditure, esili e alte nelle mura che circondano il museo saranno chiuse con eventuali semplici elementi di sicurezza nelle ore serali. In caso contrario, l’insieme dello spazio sarà usufruibbile anche di notte con un’adeguata e studiata illuminazione che valorizzerà i muri in mattone e le diverse essenze scelte (v. Tav 01).
Comprendono: Ristorante, Caffetteria, Bookshop, Terrazza
Bar e Ristorante sono situati nel 3 Piano del nuovo corpo D di accesso, con ampie terrazze panoramiche. Le terrazze hanno dispositivi per posizionare/individuare gli edifici ebraici nel tessuto cittadino (sinagoga, cimitero, monumenti…). Il Ristorante kasher ha una cucina autonoma e un servizio di carico/scarico degli alimenti posto sul lato Nord-Ovest del complesso e alimentato da uno specifico montacarichi isolato. La sala principale ha la caratteristica di uno spazio allungato con vetrate su entrambi i lati: una vista interna sulla nuova piazza di accesso e la vista aperta a Sud verso il nuovo panorama della darsena.
CRITERI ESPOSITIVI E SCELTE DI ORGANIZZAZIONE MUSEALE
“Di meno è di più, ma a fianco della stratificazione storica di meno è ancora di più”. Sulle scelte dell’allestimento dal punto di vista tecnico: la soluzione “a pelle”.
L’ ALLESTIMENTO SEGUE, IN GENERALE, IL PRINCIPIO DI UNA “SECONDA PELLE” INTERNA CHE PROTEGGE I MURI DELL’EX CARCERE, CON L’INSIEME DELLE SUE TESTIMONIANZE STORICHE – CONTENUTE PROPRIO NELLA “MATERICITÀ” DEI PROPRI MURI. QUESTA SOLUZIONE PERMETTE DI NON STRAVOLGERE, O DI LIMITARE IL PIÙ POSSIBILE L’AGGRESSIONE DELL’INTERVENTO SULL’EDIFICIO STORICO PREESISTENTE, MANTENENDONE ELEMENTI DI TESTIMONIANZA STORICA.
I pannelli, modulari e studiati sino al dettaglio per permettere una assoluta flessibilità ed evoluzione delle mostre (possibilità di aggancio non solo di luci con un sistema dedicato, ma anche di mensole, teche, agganci per opere grafiche, plastiche, pittoriche, multimediali, tutte srutture studiate esteticamente per essere discrete, delicate, legate alle tendenze plastiche del progetto architettonico globale) avranno una distanza “di rispetto” in relazione al muro antico (che non necessiterà, dunque, di speciali o costosi trattamenti di restauro, se non nello stretto indispensabile per questioni igienico-strutturali). Questa distanza permetterà di collocare non solo l’insieme degli elementi tecnici (fili, tubi) ma anche le soluzioni illuminotecniche e di proiezione e difusione del suono – musiche, voci, rumori, in funzione di ogni sala del museo e del suo tema – che valorizzeranno, caso per caso, le mostre e le esposizioni.
Questa soluzione “a pelle” permette di semplificare lo spazio espositivo, di renderlo più calmo, semplice, poetico, piacevole, neutro, togliendo dalla visuale del visitatore il peso semantico fortemente connotante di questi stessi elementi “salvaguardati”, che richiamerebbero troppo e troppo spesso il fattore “prigione”, dando così la possibilità a turisti e studiosi di concentrarsi, visivamente solo ed esclusivamente sui contenuti del MEIS. La “pelle” aggiunta, però, non “nega” la storia. il visitatore attento potrà, infatti, dalle sue fughe, o dagli spazi fra pannello espositivo e muro dell’ex edificio, vedere che vi sono presistenze, assopite, ma non cancellate.
Nella parte alta delle stanze, i moduli (che potranno essere ora presenti, ora assenti, permettendo, perché no, anche l’evidenziare di alcune parti del vecchio edificio, mettendo in valore “e” la materia storica “e” l’ innovazione), potranno essere interrotti per lasciare libero alla visione il resto delle stanze, dando al tutto un’impressione di antico protetto con un’aggiunta chiara, moderna, leggera e semplificatrice. Salvaguardia, dunque, della sostanza storica, con la costruzione di uno spazio espositivo “totale” e “totalizzante” con una seconda pelle “attrezzata”, tendenzialmente dal colore dominante bianco-neutro.
Nelle parti, invece, dedicate a sale “operative” e da “vivere” (laboratori per bambini, o camere di accoglienza per studiosi – le ex-celle trasformate, allargate e convertite in camere di soggiorno didattico per l’aiuto al sapere, stanze di studio e tutti gli spazi di supporto che prevedono un utilizzo diretto ed intenso) il principio della seconda pelle sarà più radicale, nel senso che partirà, senza discontinuità “studiate” come nelle altre sale, dal punto zero delle stanze sino al soffitto, in materiali resistenti, igienici e pulibili che proteggano l’edificio antico (dunque rimovibili e reversibili in un secondo momento se necessario) ma che renderanno queste stanze meno connotate storicamente ma più “pratiche” nella loro vivibilità domestica quotidiana. In tal senso, saranno più “fisse” e meno “flessibili” quotidianamente, ma più facilmente imbiancabili, pulibili dando la massima igiene e solarità a questi spazi del vivere.
Per quanto riguarda gli aspetti didattico-multimediali, i dispositivi di difusione del suono e delle immagini sono integrati con la “pelle” (video, immagini 3D, proiezione di immagini, anche sul soffitto), collocati nella parte posteriore dei pannelli espositivi, permettendo anche la proiezione di immagini direttamente sul pannello (senza l’incoveniente delle ombre portate) o tramite flat-video mimetizzati con il vetro, che appariranno sul piano stesso, evitando così la presenza estetica incombrate di elementi tecnologici altri quando sono spenti (per necessità espositive), che deturperebbero l’insieme omogeneo, delicato e unitario dello spazio architettonico prodotto con l’allestimento.
Speciale attenzione sarà dedicata ai nonvedenti, non solo con le apposite audioguide, che guideranno il visitatore in tutta la mostra, con elementi (da studiare con gli organizzaotri del MEIS e specialisti) tridimensionali riproducenti gli oggetti (o concetti) esposti. Pannelli collocati in vicinanza all’oggetto “madre” (se non potrà essere direttamente toccato), accanto a descrizioni brebi in brail. Importante, per esempio, in tal senso, sarà la spiegazione della scrittura ebraica brail, che consente di affrontare la questione del linguaggio su vari livelli.
Tali elementi, non sporadici o “aggiunti” ma facenti parte integrale (fisica) tridimensionale del pannello stesso (realizzato con tecniche apposite) per una massima coerenza estetica, saranno sempre collocati in un punto alla stessa altezza, salvo impossibilità specifiche, per permettere al non-vedente di avere una lettura costante della/e mostra/e.
All’entrata di ogni sala o spazio, vi sarà un piccola e discreta (monocromatica, integrata al supporto espositivo, con stesso colore e materiale) planimetria della sala, con spiegazione sintetica del tema e punti dove vi sono spiegazioni o elementi “toccabili”.
Di particolare importanza, in tal senso, sarà la sala dedicata alla Sinagoga, in cui vi sarà la possibilità, per i non vedenti, di toccare con mano un numero ancora da definirsi di sinagoge in pianta, prospetto principale e sezione (tutte alla stessa scala – per permetterne una comparabilità totale), con, sottostante ad ogni sinagoga (per altrettante epoche e città diverse in Italia – in ordine cronologico e disposte in modo lineare circondante tutta la sala espositiva) una pianta della città in cui si colloca, anche queste, con la possibilità di essere toccate (con, inoltre, i punti in cui si collocano le sinagoghe passate e presenti).
PER QUANTO RIGUARDA L’ESPOSIZIONE, IN GENERALE, VI SARÀ UNA FORTE ATTENZIONE, ANCHE NELLE PARTI NON RIGUARDANTI SPECIFICATAMENTE L’INFANZIA, ALLA PERCEZIONE DEL BAMBINO. VI SARANNO INFATTI ELEMENTI COSTANTI NEI PANNELLI AD UN’ALTEZZA PIÙ BASSA, ANCHE QUELLI DINAMICI, TOCCABILI, O SPIEGAZIONI PIÙ “SEMPLICI” CON CARATTERI PIÙ COLORATI, CHE DARANNO AL BAMBINO LA POSSIBILITÀ DI UNA COMPRENSIONE PIÙ FACILE DELL’INSIEME DELLE MOSTRE. AI PANNELLI, POI, VI SARÀ LA POSSIBLITÀ DI METTERE ELEMENTI DI VISIONE (PICCOLI “OCCHI” – NON TECNOLOGICI) IN CUI IL BAMBINO POTRÀ “VEDERE” MONDI “SOLO SUOI” (CHE GLI ADULTI NON POTRANNO, PER MOTIVI DI ALTEZZA, ALMENO CHE NON S’INCHININO) LEGATI AL TEMA PARTICOLARE ESPOSTO.
La Sala della Sinagoga
CONSIDERANDO LA PRESENTAZIONE DELLA SINAGOGA COME LUOGO STORICO DELLA CULTURA EBRAICA CENTRALE, L’ ALLESTIMENTO ORIGINALE VUOLE RISOLVERE IL PROBLEMA CHE LA SINAGOGA NON PUÒ ESSERE UN MUSEO E UN MUSEO NON PUÒ ESSERE UNA SINAGOGA.
Spazio totalmente bianco. In mezzo l’essenza di una sinagoga. Il rabbino non sarà più collocato “come in una chiesa” (versione post-napoleonica) ma in mezzo, è “uno dei tanti” che LEGGONO e sono “luce” nell’azione della preghiera, non spettatori passivi. La luce, qui, non deve essere “divina”, ma legata all’energia di ogni uomo. Dunque, in mezzo, delle sedie, con un libro davanti, una luce (lampada sempre in bianco) che, una volta seduti, s’accende (SUL LIBRO).
In linea, circondante tutto lo spazio, sui muri, una topografia storica: piante sezione e facciate in 3 dimensioni (stesso materiale del muro) toccabili anche da non vedenti e bambini di sinagoghe di tutte le epoche, esistenti e scomparse, con informazioni di riferimento.
CARATTERISTICHE TECNICHE DELL’INTERVENTO
Le fasce verdi esterne sono libere da strutture e sono utilizzate unicamente per realizzare gli accessi (di servizio) differenziati alle varie funzioni del museo.
Come già descritto nel paragrafo 1, il corpo maschile delle celle (C) è oggetto di restauro.
Non si realizzano nuovi volumi nello spazio tra i corpi A e B.
L’INTERVENTO È CONFORME ALLE NORMATIVE VIGENTI IN MATERIA DI SICUREZZA SISMICA E ANTINCENDIO; I NUOVI VANI SCALA SONO POSIZIONATI IN MODO DA COSTITUIRE VIE DI ESODO RAGIONEVOLMENTE CONTRAPPOSTE E LA LUNGHEZZA DEI CORRIDOI CIECHI È CONTENUTA ENTRO LIMITI DIMENSIONALI CONFORMI ALLE NORME SPECIFICHE; LA SALA POLIVALENTE PER 200 PERSONE È DOTATA DI TRE USCITE DI SICUREZZA.
Il Meis è accessibile anche per le persone con ridotte o impedite capacità motorie o sensoriali; oltre alle dotazioni in materia di collegamenti verticali, servizi igienici, arredi fissi e impianti, sono previsti luoghi statici sicuri all’interno dei quali sostare in sicurezza in attesa dei soccorsi.
Non sono utilizzati come locali principali quelli inidonei ad essere utilizzati come tali.
COMPETITIONS . REFURBISHMENT